Solitudine
‘Si muore soli’, lo sento dire sempre più spesso. La cronaca però c’informa che la nostra società condanna alla solitudine anche anziani e soggetti fragili viventi.
Poi ci sono quelli convinti che ‘soli si muore’, sono spiriti che si reggono unicamente se riempiti dell’amore di un altro, come palloncini gonfiati di gas che si librano nel cielo.
Cos’è la solitudine?
Non c’è unanimità nelle risposte date da dizionari, saggi ed esperti. La solitudine è però un tema molto dibattuto, senza che si abbia una definizione certa da cui partire.
Se la solitudine, anziché una condizione umana, fosse vista come un sentimento si potrebbe definirla uno stato d’animo di afflizione che scaturisce dalla credenza di sperimentarlo. Si è soli dal momento in cui ci si sente tali.
La sensazione di essere soli scatta tipicamente nel momento in cui si crede di aver perso il contatto con il resto del mondo. Si è soli quando si crede di non essere più “visti”, di non occupare più spazio nei pensieri degli altri, soprattutto di certe persone. Non importa se sia effettivamente così, la realtà non fa testo, solo la propria mente determina l’unico universo esistente.
La paura della solitudine è la fortuna dei social media, si vuole essere visti e averne la conferma con un like. E allora crediamo di non essere soli.
Anche se di noi si scorge solo un riflesso.
Slogan e comportamenti
Fregarsene
Lasciarsi andare
Seguire le passioni
Sono questi i consigli spiccioli che da decenni raccolgono il maggior consenso della gente.
Queste formule tanto popolari sono la sintesi di obiettivi psicoterapeutici quali: imparare ad apprezzare se stessi, non dipendere dal giudizio altrui, allentare i freni emotivi e dare un po’ di spazio anche alle passioni. Le sintesi sono diventate slogan, facilmente assimilabili e rilanciabili. Hanno però cancellato ogni misura e reso questi obiettivi delle aberrazioni che portano a convincimenti e comportamenti antisociali.
Ovunque si legge che occorre amare se stessi e il numero di narcisisti è in costante aumento mentre l’idea di base era la costruzione dell’autostima, partendo da rispetto per gli altri e accettazione della propria persona.
Il termine popolare ‘fregarsene’ è entrato ormai nel lessico italiano, ma è talmente abusato da essere diventato la parola rifugio per chi non sa formulare concetti più complessi relativamente alle libertà di pensiero e azione.
L’invito a ‘lasciarsi andare’ è stato letto come un’esortazione all’abbattimento dei freni inibitori. Abbinato allo sconfinato diritto di espressione della nostra cultura, ha condotto a comportamenti asociali, manifestazione di un crescente egocentrismo.
Seguire le proprie passioni sembra sia diventato un diritto fissato nella Costituzione. Si deve vivere restando sempre a un alto livello di emotività, accantonando ogni razionalità e limitazione. Quando poi la passione finisce ci si scrolla di dosso ogni responsabilità e si cerca un’altra fonte d’adrenalina.
Cosa è cambiato?
Il Covid19 ha rimesso in questione queste aberrazioni attraverso la limitazione dello spazio vitale, esattamente come accade in carcere e altre comunità ristrette, dove si stabiliscono delle regole di convivenza ferree. In questo contesto, abbiamo dovuto prendere atto che l’amarsi deve essere in funzione dell’amore verso gli altri. Abbiamo capito che fregarsene è un concetto troppo ampio per trovare spazio in un appartamentino affollato. Infine, lasciarsi andare significa aprirsi all’ambiente e le passioni sono subordinate alle necessità cogenti.
Non tutti sono riusciti a trarre beneficio dall’insegnamento. Lo vedremo riflesso nei dati sulle violenze domestiche e sui divorzi, ma forse qualche nuova epidemia ci darà presto un’altra occasione.
(Disegno: Giacomo Sessa)
Per le donne iraniane «Mettiamoci la faccia»
Nasce a Bergamo un movimento che vuole sostenere la rivoluzione delle donne iraniane che da mesi offrono la vita in cambio della libertà di esistere senza velo.
“Women Life Freedom – Let the wind wave your hair” nasce da un’idea di Gianluca Burini e della designer di moda di nazionalità iraniana Maryam Nezarati durante uno shooting fotografico.
Il progetto consiste nel rappresentare, attraverso delle fotografie, la forza e la determinazione della donna che prende posizione contro qualsiasi violenza, difende i propri diritti e afferma la propria libertà.
“Molte sono picchiate, sfregiate e violentate dall’autorità pubblica. Altre semplicemente uccise per strada. Con loro ci sono anche giovani uomini che sacrificano tutto per un’idea di uguaglianza e libertà” dice Sibyl von der Schulenburg, che aderisce a questo movimento prestando la propria immagine. “Ora che la popolazione reagisce dall’interno, dobbiamo contribuire alla loro battaglia, accantonare comode scuse di tolleranza ed esprimere con coraggio i nostri principi di uguaglianza tra i generi e libertà di pensiero. Dobbiamo metterci la faccia, come si suol dire.”
Nei ritratti delle partecipanti, il buio e il velo nero rappresentano il dolore, la sofferenza e la tristezza in cui troppe donne sono state forzate, mentre i capelli, icona della femminilità, diventano simbolo di liberazione. Gli occhi esprimono determinazione ma anche rabbia per la sorte delle sorelle iraniane.
Le immagini sono diffuse sui social media, alcuni tra i partecipanti contano su molti follower come ad esempio il fotografo iraniano Alireza Alipour che vive a Lione. In Italia il movimento trova voce nei programmi di Indieliferadio www.indieliferadio.it
“Non amo fare appelli” continua la scrittrice Sibyl von der Schulenburg, “ma in questo caso chiamo a partecipare chiunque voglia far sentire la sua voce in difesa delle donne iraniane. In particolare invito personaggi pubblici, politici, artisti, influencer e anche donne del mondo islamico ad alimentare questo movimento offrendo la propria immagine. Ne avete il coraggio?”
Articolo comparso su L’Eco di Bergamo 15.12.2022
Lo spirito e le emozioni
Ritengo di essere tra quelle persone che non si chiedono spesso quale senso abbia la vita, da dove veniamo e dove andiamo. Nel corso degli anni ho sentito varie ipotesi ma nessuna mi ha convinto. Trovo affascinante quella che vede coinvolta una nostra scelta relativamente a luogo e genitori da cui nasciamo.
Persone a me vicine sostengono di riuscire a mettersi in comunicazione con i defunti e qualche prova di attendibilità l’hanno data. Ma resta anche quello un bel punto esclarrogativo.
Staccandomi un po’ dalle domande sullo spirito, la faccenda che più mi incuriosisce è l’utilità di avere un corpo. Cos’è quell’involucro che segna il tempo che passa, riflette chi siamo o chi vorremmo essere e -in ogni caso- ci limita?
Non credo che la vita abbia un senso, tutt’al più una funzione, e potrei immaginare che sia proprio la sperimentazione delle emozioni. Uno spirito non potrebbe provarle. Le emozioni prendono proprio in nome da ‘emo’, sangue, perché molte modificano la circolazione sanguigna. Alcune fanno arrossire o impallidire, altre inviano troppo sangue alla testa o lo sottraggono. Per emozione ci si infuria e si sviene.
Uno spirito che si emoziona non è dunque pensabile, un fantasma che arrossisce neppure e uno spettro verde d’invidia sarebbe inconcepibile perché gli mancherebbe l’elemento primo: la bile.
Trovare una risposta al motivo perché sono chiusa in questo corpo mi conforta.
Ai fantasmi che popolano antichi manieri e moderne città, restano forse i sentimenti come l’amore e l’odio, ma sempre senza il batticuore e le farfalle nello stomaco. Gli spiriti dei boschi, invece, quelli che respirano l’Universo, delle emozioni possono fare a meno.
PREMIO AMALAGO 2022 FINALISTI
È in corso la seconda edizione del Premio Letterario Amalago, un evento diverso dagli altri concorsi letterari, qualcuno dice che sia la scoperta dell’acqua calda. Adoro l’acqua calda, mi c’immergo con voluttà.
Siamo partiti con l’idea di dare ad alcuni libri -in particolare romanzi storici- la possibilità di trovare una vetrina in più senza essere condizionati da case editrici e autori, ma lasciando l’incombenza della candidatura a dei blog scelti edizione per edizione. L’edizione 2022 ha confermato Thriller Storici e dintorni, Letteratura e dintorni di Dianora Tinti, Mangialibri e in corsa si è aggiunto Thrillerlife. Sono loro che dovete spingere perché segnalino al premio i vostri romanzi storici preferiti, non scrivete a me e neppure al Comitato di gestione del premio. I responsabili delle candidature sono i blog.
Quest’anno abbiamo ricevuto splendide candidature e abbiamo anche già individuato i finalisti. È già stata data la comunicazione alle case editrici -assolutamente non a pagamento né doppio binario- che hanno contattato gli autori e accettato alcune condizioni.
Perché abbiamo deciso per il no all’EAP? Credo che fare l’editore sia un lavoro duro se fatto bene, non c’è da arricchirsi, le spese sono molte e i margini risicati. Crediamo anche che, salvo eccezioni, l’editore pubblichi le opere selezionate solo in seguito a un attento editing.
Perché il romanzo storico? Sono un genere letterario che amo particolarmente soprattutto perché mi concede di ideare una storia in cui non devo considerare il cellulare, le email e internet. Potrà sembrare un motivo astruso, ma dare un peso a coincidenze, casualità o destino, comunque lo si voglia chiamare, richiede uno scenario oggigiorno rovinato dalla velocità delle informazioni. La forza delle insinuazioni, i dubbi, l’ignoranza, la fiducia granitica nel prossimo… tutto questo è materiale prezioso nel romanzo storico e non si porrà mai il caso che la missiva inviata da un corriere a cavallo arrivi prima via mail o che la donzella innamorata sia messa a confronto con la fotografia del cavaliere adorato che bacia un’altra donna. I tempi si dilatano, la vita acquista dimensioni diverse ma lo scrittore dovrà essere tanto bravo da inserirvi un poco di ritmo moderno altrimenti rischia di annoiare il lettore. Temo che le lunghe descrizioni dei luoghi non siano più tanto richieste e che anche i valori di un tempo debbano essere un poco manipolati per poter essere condivisi dal lettore moderno. Ma guai a rendere palesi questi aggiustamenti del passato.
Guai soprattutto all’info dumping, alle pagine di storia che stanno alla base dell’ambiente in cui si muovono i personaggi: il lettore moderno non li accetta. Ecco allora che le storie più gradite -e più scritte- sono ambientate in periodi storici studiati sin da adolescenti cosicché il lettore le ha già metabolizzate e ne coltiva un’immagine standardizzata.
La vita nell’antica Roma, la quotidianità della Serenissima, il buio del Medioevo e il fermento nell’arte italica del rinascimento sono convinzioni che il lettore italiano ha radicate dentro di sé. Non importa poi se l’antica Roma non sia stata solo romana, la Serenissima non avesse sempre il carnevale acceso, il Medioevo avesse anche tante luci e il Rinascimento (termine di origine francese) coinvolse tutta l’Europa. Dalla penisola, invece, è concesso uscire nella seconda guerra mondiale per andare soprattutto nei famigerati lager, un’ambientazione “gigiona” nel senso che mette subito il lettore nella modalità emotiva desiderata senza dovergli dire altro. Una pacchia per lo scrittore che in quello scenario può ambientare qualsiasi storia, anche la più incredibile: il lettore sarà sempre convinto di essere stato trasportato in quel luogo dal romanzo mentre un concetto di lager, un suo cliché, già l’aveva dentro di sé. Un romanzo ambientato oggi in Ucraina non sortirebbe lo stesso effetto benché le atrocità siano paragonabili, in particolare la violenza su donne e bambini. L’antico diritto dell’invasore allo stupro e saccheggio è sempre ancora rivendicato.
I finalisti della seconda edizione del Premio Letterario Amalago sono stati selezionati da una Commissione Tecnica composta da Stefano Zecchi (presidente), Flavio Santi, Giuseppe Polimeni, Marco Fornasir e Sibyl von der Schulenburg.
Sono:
Luca Azzolini ROMULUS – IL SANGUE DELLA LUPA 2020, Harper Collins
Giovanni Grasso ICARO – IL VOLO SU ROMA 2021, Rizzoli
Edgarda Ferri IL RACCONTO DEL CORTIGIANO 2021, Solferino
La cerimonia di premiazione si terrà il 14 maggio 2021. Solo allora si conoscerà il vincitore ed eventuali premi speciali.
Dettagli sul sito www.amalago.it
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