Giulia Regazzoni vive a Verdalmasso, un paesino situato tra le dolci colline toscane.
Una signora tranquilla, un po’ scorbutica, una donna a cui non piace che il postino – uno dei pochi abitanti con cui scambia qualche parola – si intrometta nelle sue questioni personali quando le legge la posta.
Giulia non legge e non scrive. Una volta con i suoi romanzi si guadagnava da vivere, godeva di una certa fama; ora finge di non esserne più capace. La vita di Giulia è pervasa da un alone di mistero e segretezza. Dietro quei modi di fare scontrosi, infantili e – a tratti – ironici, si cela un malessere che la rende schiava di un’esistenza monotona e scandita da un tempo illusorio.
Il tempo è, a mio avviso, uno dei temi centrali di questo romanzo. È poi così vero che scorre ininterrotto senza lasciarsi condizionare dalle nostre azioni? O sono proprio le nostre scelte, i nostri sbagli, i nostri ripensamenti e sensi di colpa a relegarci in una dimensione spazio-temporale che ci impedisce di andare avanti?
Giulia Regazzoni è rimasta ancorata al passato, questo è certo. La morte di qualcuno a lei caro la costringe a vivere una vita che non le appartiene. Una vita distorta dalla missione di accudire una quantità impensabile di animali abbandonati, ridotti in uno stato pietoso e vittime della crudeltà umana.
L’accumulo patologico di animali è definito in psicologia “Animal Hoarding”.
“Gli hoarders non sono in grado di gestire la situazione. Credono di fare il bene degli animali, non percepiscono la miseria a cui li costringono“, spiega nel romanzo la psicologa dei servizi sociali Valeria Zorzi.
Sarà Lucia, la nipote sedicenne e impacciata di Giulia, a sconvolgere la vita della nonna, facendo riemergere vecchi rancori e ferite che negli anni non si sono mai rimarginate. La vita di una ragazza semplice, ossessionata dai tipici problemi adolescenziali, sopraffatta dai primi innamoramenti, si scontra con quella di una donna ormai avanti con gli anni che si rifiuta di accogliere qualsiasi stimolo proveniente dall’esterno, che sia un consiglio, un gesto d’affetto o una conversazione piacevole.
L’abilità dell’autrice sta proprio nell’intrecciare queste due personalità opposte e altalenanti fino a farle convergere in quel punto dove, prima o poi, tutte le nostre linee del tempo si incontrano: la morte.
Non necessariamente la morte fisica, quanto la morte come presenza costante della nostra vita.
Nel romanzo, quest’aspetto viene simboleggiato, appunto, dalla Porta dei Morti, che rappresenta ilpassaggio tra il mondo dei vivi e quello dei defunti.
Perché la bellezza di questo libro sta anche nell’elemento esoterico che colpisce il lettore proprio quando meno se l’aspetta. Una leggenda legata alle tombe etrusche, la storia d’amore del IV secolo tra la principessa Larzia e Rasenno, la Porta dei Morti e il ruolo che ricopre per gli abitanti di Verdalmasso il 23 giugno di ogni anno, poco prima del tramonto.
Man mano che il lettore gira le pagine nuove storie, segreti e personaggi rendono la lettura sempre più intrigante e piacevole.
Dopo “Ti guardo” e “I cavalli soffrono in silenzio”, un altro grande romanzo di Sibyl von der Schulenburg, che appassiona i lettori affamati di storie ben scritte, originali e da divorare in poche ore.
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