Ho incrociato questa lapide a Milano e mi ha colpito la cancellazione della dicitura “al lavoro”, come se qualcuno avesse voluto dire che di quello non ce n’è. Il termine “lavoro” è , oggigiorno, tra i più aperti all’interpretazione. Mentre per me ha il significato preminente di “energia applicata per il raggiungimento di uno scopo”, per altri significa solo “occupazione che prevede una retribuzione”. Credo che il detto “il lavoro nobilita l’uomo”, si riferisca alla prima accezione, non alla seconda.
La società dei consumi, che – a parole – tutti condanniamo, ci ha instillato alcuni concetti deleteri, tra i quali spicca quello del diritto alla compensazione per qualsiasi attività. Il volontariato è sempre più raro e il gesto d’aiutare il prossimo sta scomparendo del tutto dalla mentalità dell’italiano. La penisola ha perso il senso di civiltà.
Vedo gente seduta ai tavolini dei bar, gruppi di giovani nei parchi, persone che spendono le ore a passeggiare cagnolini, ma solo pochi si preoccupano di fare qualcosa per la società e l’ambiente poiché c’è sempre chi “è pagato per farlo”. Tutti però si lamentano dell’inquinamento, della sporcizia, della carenza di assistenza agli anziani, del malfunzionamento dell’amministrazione e dei costi per la manutenzione del paese.
Così, chi ha cancellato la parola lavoro avrà pensato che aveva il diritto di godersi in pace il suo tempo: il lavoro di ripulire la lapide e raccogliere le foglie l’avrebbe fatto qualcun altro.