Chi scrive dovrebbe ricordarsi che le parole sono strumenti di comunicazione destinati a un sistema di comprensione umano. Il cervello del lettore decodifica le informazioni ricevute, eppure non sempre il messaggio recepito corrisponde al modello inviato. Perché?
Le cause sono diverse, ma il libro di Yellowlee Douglas “The reader’s brain” 2015, edito da Cambridge University Press, si concentra sullo stile di scrittura. L’opera della ricercatrice americana, dimostra come la struttura della frase sia sovente responsabile dell’attivazione di un’area del cervello piuttosto che di altre, ottenendo così risultati che vanno dal colpo di sonno alla massima concentrazione.
Il pregio di questo libro, che espone punti di vista non del tutto nuovi, è il sapore scientifico, acquisito attraverso riferimenti a risultati di ricerche fatte da studiosi di neuroscienze. Il cervello umano non ha sviluppato un centro deputato alla lettura (molti umani non leggono) per cui le zone cerebrali dedicate al linguaggio, vista e udito, si sono strettamente collegate per svolgere questo compito. E’ dunque lampante il motivo per cui la comprensione necessita di immagini mentali e ritmo.
Quanto rilevato dall’autrice è stato confermato da indagini strumentali con dispositivi di misurazione dei movimenti oculari e soprattutto attraverso la risonanza magnetica funzionale che registra le attivazioni delle varie zone cerebrali durante la lettura.
La Douglas riassume il suo metodo di scrittura efficiente nella regola delle 5C – chiarezza, continuità, coerenza, concisione e cadenza – portando esempi pratici di applicazione a ogni tipo di scrittura, dal racconto al testo pubblicitario. Le regole grammaticali e di sintassi proposte, sono note alla maggior parte degli scrittori, benché sovente disattese. L’aspetto interessante è dato dai motivi per i quali soggetti o verbi dovrebbero avere certe collocazioni all’interno della frase, e dall’esplicazione del perché l’uso di verbi d’azione aiuta la comprensione mentre l’impiego di frasi negative o passive la complicano invece.
L’autrice, che si è occupata anche di letteratura elettronica, sa bene che il cervello del lettore moderno non è più quello di cinquant’anni fa e consiglia una scrittura diversa da quella caratterizzante i classici. La mente umana è diventata televisiva, gli schemi che la ordinano sono aumentati e la classificazione è più raffinata. Il lettore ha bisogno di immagini mentali immediate, non ama dover tornare indietro per recuperare il soggetto perso a metà strada e preferisce gli scritti ordinati in progressione, come il tempo che passa. Tutto questo sembra logico e scontato per i lettori ma pare che non lo sia per gli scrittori.