La criminofobia è la paura infondata di essere vittima di un reato. È latente in ognuno di noi come tante altre fobie: ci vuole poco ad attivarla soprattutto nella nostra società. Abbiamo perso i riferimenti dei piccoli nuclei d’appartenenza come la famiglia, il paese o il quartiere. Attivarla è un modo sempre più usato per ottenere vantaggi politici e commerciali.
Gli studi in questo campo dimostrano da tempo l’effetto dei media sulla nostra percezione della sicurezza. Si scopre, ad esempio, che più guardiamo la televisione e meno ci sentiamo sicuri. Questo grazie ai contenuti violenti -evidenti e nascosti- che si trasmettono per tenere il telespettatore incollato alla poltrona.
Alcuni politici creano allarme sociale per poi proporre soluzioni alle fobie generate. Molta stampa segue la stessa traccia e cavalca l’onda del successo dei titoli ansiogeni. Il motivo per cui una notizia ansiogena crea più interesse di una rassicurante ha le stesse radici di certe preferenze letterarie. Perché i romanzi gialli sono più letti di quelli di formazione o storici? Vogliamo sentire il brivido lungo la schiena, ma poi non siamo in grado di affrontarlo nella realtà.
In questi periodi vedo un incalzare preoccupante della pubblicità di un’azienda che produce sistemi d’allarme per abitazioni. Si punta sulla paura del cittadino di essere oggetto di un’aggressione in casa propria. Così si rinfocola la criminofobia già slatentizzata da tante notizie, vere e false, di cronaca nera, politica internazionale e complottismo.
Credo che questi messaggi siano da osteggiare perché portano direttamente a sindromi ansiogene di massa. Inoltre educano il cittadino a delegare l’attenzione a un dispositivo elettronico, un banale sistema anti intrusione.
Certe pubblicità diffondono paura e insicurezza sociale proprio come i terroristi. Il danno che causano in termini di abbassamento della percezione di sicurezza del cittadino è enorme.
Fermiamoci, ragioniamo e torniamo ai rapporti umani di buon vicinato, sorveglianza e sostegno reciproco.