Sorelle al mare

Suore al mareLa lettura di un romanzo, o di un’immagine, è legata alla cultura, alla conoscenza e al vissuto del lettore. Colgo l’occasione di questa fotografia – le suore in spiaggia -, che sta facendo il giro del mondo, per dimostrare cosa intendo. Personalmente trovo l’immagine bellissima e mi racconta una storia di gioia, amore e dedizione non obbligata. Immagino le suore in gita turistica, scese da un autobus, accaldate ma felici di quel viaggio. Hanno chiesto all’autista di fermarsi un attimo perché qualcuna forse non ha mai visto il mare, qualche altra si ricorda le estati con i genitori in spiaggia, e qualcuna semplicemente vuole rinfrescarsi i piedi. Sono allegre, spensierate, vivono con brio i momenti di svago concessi raramente. Una scatta delle foto alle consorelle più audaci, un’altra – l’unica di pelle bianca – indica il mare raccontando un episodio della sua vita. Immagino che, alle mie spalle di osservatrice della scena, ci sia la superiora che scatta l’immagine, sorridente e soddisfatta dell’esito della gita, ritta accanto al mucchietto di sandali delle consorelle. Poi ingrandisco la fotografia e vedo i nuotatori, ben distanti dalle monache, e mi pare che tutti siano neri. La storia si arricchisce di particolari e immagino che siano suore che hanno dedicato la loro vita al prossimo, nel caso specifico alla gente africana; donne che portano “l’abito” come una divisa, un segno distintivo della loro vocazione e disposizione ad aiutare chiunque si trovi in difficoltà. Non succede nulla di grave se un colpo di vento alza una gonna o se la manica scivola indietro durante il lavoro, la pudicizia l’hanno nel cuore e il corpo ne è solo l’involucro esterno. So che alcune consorelle hanno deciso di non portare la divisa, ma non per questo sono biasimate; altre ritengono che portare l’abito tra la gente – soprattutto in zone di degrado culturale – le aiuti a non essere molestate o conferisca autorevolezza. Tutte però hanno indossato la divisa volontariamente in maggiore età, e ognuna sa che la potrà dismettere in qualunque momento senza rischiare il disprezzo sociale o la lapidazione.

Chi intende utilizzare questa immagine a sostegno del diritto di usare il burkini in spiaggia dev’essere di cultura mussulmana oppure confidare fortemente nell’incapacità critica dei lettori, considerandoli sterili applicatori dei principi democratici, spogliati di ogni elemento interpretativo, idioti confinati alla lettura di Peppa Pig.

Lo ammetto: qualcuno c’è.