Italiani brava gente. Il titolo di un film del 1965 ha generato uno slogan che ha convinto della sua verità almeno un paio di generazioni di italiani. Sarà la passione dei mediterranei per gli aforismi o il bisogno di concetti espressi in maniera concisa, fatto è che il popolo italico ha fatto del titolo di un film un assioma.
“Noi italiani siamo troppo buoni.”, sentiamo dire spesso. “Siamo quasi coglioni.” In effetti è una delle poche dichiarazioni d’italianità che sento pronunciare, per il resto si è appartenenti alla tifoseria di una squadra di calcio o di un partito. Negli ultimi anni, vari pifferai di Hamelin, hanno fatto leva su sentimenti filantropici, li hanno coltivati, amplificati e sfruttati. Il bisogno di appartenenza a un gruppo e approvazione sociale hanno fatto il resto. Si tratta di conformismo, una parola che in Italia è aborrita, ma sta diventando il segno distintivo di tutta una popolazione che sente il bisogno di avere sempre un capro espiatorio senza voler partire da se stessi a cambiare le cose perché “…tanto fan tutti così”.
Pochissimi sanno soddisfare il bisogno di approvazione sociale entro i propri ambiti territoriali, così ci sono sempre meno volontari a occuparsi dei bisognosi nel vicinato, gli altri cercano conferme in organizzazioni di portata nazionale o internazionale, in genere senza impegnarsi troppo.
Nell’era delle comunicazioni la situazione è peggiorata. Se la tendenza generale è verso l’uniformità, chi non ha idee sue, sposa quelle di chi fa più rumore e il risultato è un boato globale su argomenti che si gonfiano con milioni di click sui social network, carpiti attraverso immagini e frasi d’effetto, informazioni perlomeno tendenziose.
Non sappiamo più quando la nostra “bontà” è sufficiente, quando possiamo dirci al sicuro da critiche e accuse infamanti di intolleranza, discriminazione e soprattutto razzismo, l’insulto più abusato e temuto. Sono razzisti quelli che non vogliono farsi lavare i vetri al semaforo, quelli che viaggiano in prima classe, quelli che continuano a mangiar carne oppure quelli che vogliono conservare la lingua italiana e la cultura occidentale.
E allora cerchiamo rifugio nei movimenti che promuovono interessi che hanno largo consenso, godendo dell’approvazione dei sodali, scivolando sempre più dentro un estremismo che taglia i ponti con la tolleranza verso chi pensa in modo diverso o cerca ancora un compromesso tra il nulla e il tutto. Cancelliamo il passato culturale, perdiamo di vista i valori dell’umanesimo e auspichiamo la morte dell’essere umano che ha abbandonato il cane in autostrada. Ci avviciniamo incredibilmente alla mentalità di culture che non hanno toccato le nostre tappe filosofiche ed evolutive. Da un certo punto di vista è una forma di involuzione, in fondo alla quale vedo la lapidazione. Senza giusto processo, beninteso.