In un concorso letterario, è sempre interessante conoscere i motivi che hanno spinto la giuria a preferire un testo piuttosto che l’altro. Queste informazioni possono essere fornite con le cosiddette “motivazioni” che devono essere scritte con cura, avendo sempre ben presente l’obiettivo di spiegare, al premiato e a terzi, i criteri adottati per determinare la classifica. Per stilare una motivazione serve conoscere il testo di cui si scrive, i criteri di valutazione, i pareri dei membri della giuria, qualche altro dato, ed è essenziale saper scrivere.
Stilare una motivazione richiede capacità, tempo e attenzione; non è un’operazione di critica letteraria, ma il resoconto del percorso mentale di una giuria, un documento che deve supportare una decisione talvolta difficile e che non può, o non dovrebbe, fondarsi sul semplice gradimento personale dei giurati.
Ho partecipato a molti premi letterari e ho avuto modo di leggere tante motivazioni; dirigo anche un premio letterario e spesso ci siamo chiesti se avesse un senso formulare le motivazioni. Dopo varie discussioni, quest’anno abbiamo rinunciato a spiegare i motivi per cui abbiamo ottenuto una certa classifica e lo faremo probabilmente anche nelle edizioni future.
L’impressione che si ha leggendo le motivazioni di un premio letterario qualsiasi è che, salvo eccezioni, pochi si prendano la briga di scrivere qualcosa di originale, molti ricorrono ai riassunti delle opere e a lodi variamente formulate. Ritengo che la sintesi dell’opera possa eventualmente precedere una motivazione, non sostituirla, e che le lodi ai premiati siano superflue per ovvi motivi.
Ma, come si genera una classifica in un concorso letterario? La maggior parte si fonda semplicemente sul gradimento generale dei giurati, solo poche giurie sono chiamate a compilare moduli nei quali sono valutate le singole voci corrispondenti ai criteri di valutazione. Allora, perché arrampicarsi sugli specchi per inventare motivazioni che non potranno mai riferirsi all’intera giuria?