Macchina da scrivere o videoscrittura?

Img post blog 14La mia prima macchina da scrivere è stata una solida Remington Remette, un modello da viaggio sul quale aveva già scritto mio padre. Era uno strumento che t’insegnava l’artigianato della scrittura in maniera fisica.  Dovevi imparare a dosare la forza delle dita sui singoli tasti, regolare la velocità della battuta per evitare l’accavallarsi dei martelletti, inserire il nuovo foglio con rapidità per non perdere l’ispirazione, cambiare il nastro senza errori, e tanto altro.

Capivi col tempo che dopo un punto era meglio fermarsi un attimo. Poi riprendevi cercando il ritmo della frase, sincronizzando le dita con la mente e sentivi l’emozione che cresceva. I suoni di una macchina da scrivere meccanica erano la musica che accompagnava il lavoro dello scrittore, dal timido tic-tic di quando non era del tutto sicuro della scelta creativa al ticchettio allegro del momento in cui aveva trovato la strada, intervallato dallo scorrere del carrello per andare a capo.

Ho ancora nelle orecchie il ruggito del rullo quando strappavo alla macchina un foglio sul quale non ero riuscita a riportare i miei pensieri, e a quel suono si associava un senso di rabbia e frustrazione.

Una macchina da scrivere è uno strumento accentratore, vuole tutta la tua attenzione, non ti permette digressioni verso Facebook o Google; alla fine parli con lei come se fosse un coautore.

Con la video scrittura è molto diverso. Il pensiero dello scrittore si forma sovente strada facendo, le parole si creano e annullano in un attimo, si cambia idea, si sperimenta e si può sbagliare a costo zero. Il computer non è più solo uno strumento ma l’essenza dell’autore stesso, una serie di archivi e una finestra sul mondo. Molti autori moderni non sarebbero mai arrivati a scrivere la parola fine con una penna o una macchina da scrivere.

So di vari scrittori, narratori e poeti, che sono ancora costretti a scrivere a mano. Si sforzano di riflettere prima di mettere le parole sulla carta perché sanno quanto costa la riscrittura, alcuni verbalizzano i pensieri a voce alta prima di scriverli, altri si lasciano prendere dallo sconforto e appallottolano decine di fogli di carta. Sono scrittori detenuti in carcere, autori sovente costretti a impiegare mezzi di scrittura vecchi, limitativi del loro potenziale. Li possiamo aiutare?